lunedì 16 febbraio 2009

05-01-2009: il Dr. Mariano Loiacono, intervistato dal PD di Ancona, parla della legge 180

Pubblichiamo quest'intervista al Dr. Mariano Loiacono pubblicata sul sito del Partito Democratico di Ancona (www.pdancona.it) nella sezione "la voce di Ancona democratica". Volevamo comunque ricordare, a scanso di equivoci, che il Metodo Alla Salute, così come le Associazioni che lo divulgano e lo stesso Dr. Loiacono, non fanno riferimento a nessun partito politico, ideologia o religione, al di là dei molteplici orientamenti personali dei singoli operatori ed associati.
- gli amministratori del blog -

05-01-2009

La legge Basaglia: una rivoluzione culturale ancora patrimonio della sinistra?

Intervista al dr. Mariano Loiacono a cura di Tiziana Tommasi


Approvata nel maggio del ’78, quest’anno la legge 180, nota come "Legge Basaglia", compie trent’anni. È una legge quadro di riforma psichiatrica che, cancellando la barbarie dei manicomi attraverso la loro chiusura, li ha sostituiti con programmi di assistenza sul territorio basati sui servizi di igiene mentale. Dunque essa ha cambiato il modo di intendere la cura delle malattie mentali (prima confinata tra le mura di un manicomio) diffondendo l’assistenza psichiatrica nel territorio nel tentativo di scalfire il pregiudizio contro la malattia mentale. Ha posto le linee guida per affrontare nel variegato ambito della sofferenza mentale il problema della centralità della persona e del diritto alla salute. Lo spirito della legge promossa dal prof. Basaglia (psichiatra) voleva togliere l’attenzione dal singolo individuo per andare a cercare le cause sociali che avevano generato il malessere psichico. Una legge giusta, culturalmente rivoluzionaria che restituì dignità alla follia, e contribuì a tessere la tela di quel difficile rapporto tra scienza e umanesimo che tutt’oggi lacera il nostro Paese. Certamente ci sono cose che trent’anni dopo vanno ridiscusse, emergenze vecchie e nuove da affrontare, ma il diritto alla salute deve essere riconfermato. Si corre il rischio di addossare alla legge Basaglia problemi che riguardano invece le politiche di welfare che talvolta riducono i diritti sociali ed i diritti di cittadinanza a vuote affermazioni di principio. L’intento è di rilanciare l’attualità dello spirito di questa legge in un momento in cui si moltiplicano i tentativi di reintrodurre trattamenti prolungati obbligatori, specie in strutture private con il corredo di strumenti come la contenzione e l’elettroshock cedendo ad una serie di tentazioni revisionistiche in senso reazionario. Nelle obiezioni a sostegno delle proposte di modifica affiora il rimpianto per la figura dello psichiatra come custode del malato.

Poniamo alcune domande al Dr. Mariano Loiacono, psichiatra, direttore del Centro di Medicina Sociale dell’Azienda ospedaliero-universitaria “Ospedali Riuniti” di Foggia che, da oltre 30 anni, svolge con successo attività terapeutica sul “disagio diffuso” con un metodo che non prevede l'uso di psicofarmaci e utilizza modalità nuove e atipiche di psicoterapia ispirate alle dinamiche di vita globale e complessa. Questo approccio è nato dall’osservazione dei fenomeni di globalizzazione che fanno emergere nuove tipologie di disagio quali: dipendenze da sostanze psicoattive, dismaturità, sindromi psicotiche, depressioni, disturbi nell'alimentazione, caratterialità, conflittualità sociale e istituzionale, disagio asintomatico, attacchi di panico.

D: Dr. Loiacono, la frase che spesso sentiamo dire “Mettere mano alla 180” prelude a mettere in discussione il diritto alla salute e alla cittadinanza sostituendolo magari, come volevano recenti proposte di legge, con quello di pericolosità sociale e della sicurezza ai cittadini?

R: La legge 180 ha indiscutibili meriti storici che nessun “candidato riformatore” può negare, a meno che non conosca la tragica situazione dei manicomi o abbia bisogno di ignorarla per personali tornaconti. Il concetto di pericolosità sociale e di sicurezza dei cittadini erano e sono parte integrante della “logica manicomiale”; questa logica, a sua volta, era la conseguente risposta che scaturiva e scaturisce dalla visione di fondo sui comportamenti umani, alcuni dei quali sin dall’inizio sono classificati come non appartenenti alla “normalità” e, di conseguenza, pericolosi e minaccianti la sicurezza sociale. Ovviamente, la classificazione non è universale e ogni etnia umana si distingue: per quali comportamenti fa rientrare in questa fascia di anormalità pericolosa; per come li rapporta alla propria sicurezza sociale; per le risposte che mette in atto. A mio parere, se oggi si vuole “mettere mano alla legge 180” lo si deve fare solo per adeguarne lo spirito alle nuove fenomenologie di “disagio diffuso” che coinvolgono e chiamano in campo tutti e richiedono prospettive più avanzate di scambio-partecipazione tra ambiti psichiatrici e il tessuto ordinario della società. In questa direzione va la mia trentennale esperienza in un servizio pubblico del nostro sistema sanitario. Ora che i manicomi tradizionali sono stati sufficientemente superati, è possibile fare "l’altro mezzo passo" che la legge 180 non ha potuto-saputo prevedere e sperimentare.

D: Il recente disegno di legge d’iniziativa del deputato Carlo Ciccioli “Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica” all’art. 3 comma 11 recita: “È istituito il Trattamento Sanitario Obbligatorio Prolungato ("TSOP") senza consenso….” Lei cosa ne pensa di questa “nuova” modalità di trattamento?

R: Come le dicevo, la Legge 180 è ormai a un bivio. Se non si ipotizzano scenari più avanzati, prevarranno le spinte reazionarie - peraltro sempre rimaste vive sotto la cenere dell’apparente adeguamento - del punto di vista medico-psichiatrico tradizionale che riduce la complessità del disagio mentale a eziologie chimiche e genetiche che oltretutto sono state ampiamente sperimentate anche in questi trent’anni di legge 180. Gli stessi psichiatri basagliani usano ordinariamente la "camicia di forza chimica" degli psicofarmaci. Il deputato psichiatra Carlo Ciccioli (peraltro esponente di spicco della vostra Regione) è solo una delle punte “politiche” di questo iceberg che al suo interno contiene: interessi semplificatori della professione medico-psichiatrica (ambulatori, cliniche private, ecc.); grossi interessi delle industrie farmaceutiche; importanti spinte politico-economiche internazionali tese a banalizzare il mutamento antropologico in atto e a medicalizzarne le conseguenze che stanno emergendo sul piano personale, di coppia, istituzionale a tutti i livelli. In questi trent’anni di Legge 180, questa parte invisibile-profonda dell’iceberg è diventata sempre più rilevante-potente e adesso minaccia una svolta reazionaria, forse ben più pesante della soluzione manicomiale e, soprattutto, coperta da soluzioni raffinate come quella del “TSOP”. Ritengo, però, che rispetto a queste nuove e pressanti modalità di trattamento non ci si può solo fermare a rifiutarle o a strapparsi le vesti di un “perbenismo” ideologico. Occorre rispondere con una rinnovata fantasia vitale capace di sperimentare prospettive più avanzate.

D: Alcuni pensano che i “malati mentali“ siano abbandonati a se stessi e costituiscano un onere per le loro famiglie. Resiste il pregiudizio contro la malattia mentale, si pensa che quei disturbi non possano essere curati. La psichiatria oggi deve guardare al futuro alla grande diffusione del disagio psichico, all’aumento dei disturbi depressivi in una società globale in cui gli equilibri familiari e sociali sono profondamente mutati. In che modo, secondo lei?

R: Certamente non ho “la” risposta giusta, ma da trent’anni ho maturato “una” interessante proposta all’interno di un servizio pubblico in cui si accede col codice fiscale e con l’impegnativa del medico di base. Ribadisco che il trattamento non prevede l’uso di nessun tipo di sostanze psicoattive, psicofarmaci compresi. Per superare i pregiudizi e non lasciare le famiglie abbandonate, bisogna prendere in carico nel trattamento sia i familiari che altre persone quando stanno attraversando il “disagio asintomatico, cioè il disagio prima che si manifesti con un sintomo di interesse della medicina-psichiatria tradizionale. Il trattamento intensivo al Centro, frequentato sia da chi presenta un sintomo qualsiasi di “disagio diffuso” sia dai familiari che l’accompagnano, serve a ridurre-superare il sintomo, a far crescere anche i familiari accompagnatori, a formarli a sviluppare sul campo competenze per essere in grado loro di gestire i diversi sintomi e di rappresentare operatori volontari in grado di intervenire nell’ordinario del loro tessuto familiare e sociale. In tal modo, anche grazie alla provenienza delle persone in trattamento da quasi tutte le regioni d'Italia, si è formata una rete di "Comunità Globale" che non costa nulla allo Stato e che è in grado di esprimere funzioni di prevenzione-cura-riabilitazione-formazione sia a livello locale che integrandosi tra di loro come “Punti Ac.co.gl.i.e.te.mi.”.
Ovviamente non c’è lo spazio per esplicitare e supportare meglio queste mie affermazioni. Volendo potreste organizzare un Convegno di approfondimento-confronto. Chi vuole, comunque, può approfondire l’esperienza visitando il nostro sito www.nuovaspecie.com. Mi dispiace solo che questa nostra trentennale esperienza in un Servizio pubblico interessi ancora poco ai responsabili locali, regionali e nazionali della Salute. Penso che il “disagio diffuso” sia una bella sfida in atto, ma sento che si è in grave ritardo e che siano ormai ineludibili le spinte revisionistiche reazionarie alla Legge 180. Speriamo bene.

Nel ringraziare il dr. Loiacono per il suo prezioso contributo concludo affermando che in una situazione di recessione, di riduzione dei budget di spesa a tutti i livelli, di aumento della disoccupazione, aumentano anche le difficoltà di difendere le nicchie di lavoro protetto costruite in anni di lotta politica e sindacale sia nel settore privato che nel pubblico. Affrontare una crisi economica guidati da un governo di centro destra implicherà problemi sempre più gravi anche a questo livello perché i malati mentali sono prima di tutto persone deboli e curarli significa reinserirli nella società. Qual è la risposta politica che la sinistra vuole dare a questa fascia di cittadini?

Tiziana Tommasi

- per il link alla fonte originale dell'articolo, clicca QUI -


FONTE

Nessun commento:

Posta un commento