lunedì 16 febbraio 2009

LA FEBBRE PUO' GUARIRE...

Secondo il Dr Hans-Heinrich Reckeweg - v.foto - (HHR Omotossicologia 1988 Guna editore), padre dell’Omotossicologia, le reazioni infiammatorie e febbrili nei confronti di agenti intossicanti e infettivi sono da considerarsi reazioni “biologicamente opportune”, cioè salutari e orientate alla distruzione ed eliminazione dell’agente aggressore.

Il processo di calore mette i tessuti e tutto l’organismo nelle condizioni di reagire nel modo migliore possibile. Gli enzimi e molte altre sostanze di difesa prodotte dalle cellule funzionano solo in un ambiente acido e caldo. Inoltre, mentre il nostro corpo reagisce verso un’ infezione, contemporaneamente produce anche fattori antitumorali.

Raffreddare” in modo intempestivo l’organismo con farmaci antipiretici, antinfiammatori e antibiotici potrebbe non essere sempre una buona idea. Sulle lunghe, questo processo di calore non adeguatamente espresso potrebbe dar via a malattie più “fredde”, striscianti, poco sintomatiche, almeno inizialmente, come lo sono le malattie degenerative, sclerotiche e tumorali.

La comparsa di febbre è anche alla base dei casi di spontanea guarigione da tumore. Su questo si è scritto e discusso fin dal 1700. Secondo il Dr Rohdenburg, che pubblicò un esauriente studio nel 1918, la maggioranza delle guarigioni spontanee si accompagna ad episodi acuti con febbre molto alta.

Spesso si trattava di erisipela, una infezione da streptococco, ma sono stati osservati anche casi di tubercolosi acuta, varicella, polmonite e malaria (J Cancer Res, 1918; 3193-225).

Anche il Dr William Coley (1862-1936) fu testimone di una clamorosa guarigione spontanea in un caso di cancro avanzato della gola. Il paziente sui riprese perfettamente dopo un’ infezione di erisipela. L’interesse per il fenomeno fu tale che Coley mise a punto la sua famosa “tossina” un miscuglio di due batteri, Streptococcus pyogenes e Serratia marcescens, che iniziò ad usare con i suoi pazienti tumorali fin dal 1893 (Am J Med Sc, 1893;105:487-511). Negli USA, la “tossina di Coley”fu poi riconosciuta come farmaco per la ricerca clinica solo nel 1963.

La letteratura riporta altri esempi di guarigione dal cancro in seguito a febbre ed infezione. Per esempio, nelle remissioni spontanee da leucemia infantile la febbre si è manifestata nell’80% dei casi (Am J Med 1951; 10: 238-9), mentre nelle remissioni da melanoma, la febbre era presente nel 31% dei casi (Onkologie, 1998; 21: 14-8).

La sensibilità delle cellule tumorali nei confronti del calore è cosa nota da tempo. Per altro, questa sensibilità è decisamente superiore a quella delle cellule sane. Quando la temperatura si porta da 37°C a 42°C, inizia una vera e propria moria di cellule cancerose. Questo effetto è attualmente sfruttato dalla terapia ipertemica antitumorale, che in sostanza si sostituisce alle stesse capacità dell’organismo di produrre una salutare reazione febbrile.

Inoltre, diversi studi hanno anche dimostrato che cellule tumorali sottoposte per circa sei ore ad una temperatura di 41°C iniziavano a produrre linfociti T, che sono fondamentali per le difese immunitarie (Int Immunol, 2003;15:1053-61).

Attraverso il calore, il corpo “scioglie” e distrugge gli agenti aggressori che perturbano il suo equilibrio e li orienta verso l’esterno.

A volte, le infiammazioni e le febbri sono esse stesse la ricerca di un equilibrio. I farmaci naturali sono uno straordinario aiuto in questi processi. Lasciano che la “reazione biologicamente opportuna” possa esprimersi in modo adeguato ed efficace, tenendola sotto controllo, senza sopprimerla, e orientandola verso una soluzione di guarigione, evitando eventuali complicazioni.

dott Francesco Perugini Billi
FONTE

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